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22 settembre 2010

editoriale.

ok, ogni tanto mi faccio pubblicità. questo non è il primo post né sarà l'ultimo dove canto le mie lodi, e soprattutto dove vi invito a fare lo stesso. lo so, è conflitto di interessi, ma prometto che vi risparmio l'editoriale.

tempo fa c'è stata londra. molto tempo fa. ma, come si sente spesso da queste parti, per le cose belle ci vuole pazienza.
e dopo tutta questa pazienza quello che ne è uscito lo potete scaricare liberamente a questo link. sì, bravi, nel senso che ve lo regaliamo proprio. poi ve lo potete stampare, lo potete inviare alla vostra fidanzata con la quale avete qualche problema e dire con orgoglio "guarda qui! allora io non sono gay!" o magari lo cancellerete singhiozzando, una volta scoperto di adorare l'ultima foto e non sapere adesso come dirlo a vostra madre. oppure potete chiamarmi per chiedermi di fare lo stesso con il coro che frequentate in parrocchia. o in moschea. potete farci tutto, tranne soldi. quelli non ce li fa nessuno non vedo perchè vi dovete arrogare questo diritto. ah, non vi dimenticate di apprezzarlo moltissimo e di farci un sacco di complimenti. e questa volta non è plurale maiestatis, è proprio un lavoro di gruppo. tipo quelli che ti fanno fare alle medie. e nel mio gruppo siamo capitati io e certi musicisti ottocenteschi resuscitati nell'era degli amplificatori.


15 maggio 2010

kobus ellipsiprymnus.


mi piacerebbe poter raccontare tante storie di fantasia. di quelle dei bambini. e magari proprio ai bambini. ma non quelle cose tipo pinocchio e cenerentola perchè di base non me ne frega molto di istruire sull’importanza di essere sinceri o su come si lava per terra. anche perchè sono cose che non dovrebbero servire fino a che non ti sposi. io vorrei raccontare, invece, proprio quelle storie di fantasia pura e semplice, di quelle inventate proprio dai piccoli che ci mettono dentro quello che sanno e quello che immaginano e vengono fuori realtà impossibili. luoghi colorati da cima a fondo con i pastelli, i bordi sbavati e tanti buchi bianchi in mezzo. luoghi fatti di boschi e di prati immensi come tutto il giardino dietro casa. luoghi dove ci sono le creature più grottesche che sono le più docili e gentili e poi quelle più semplici e banali che però sono i cattivi, che i cattivi secondo me, se li nascondi dietro chi ti ha sempre dato sicurezza fanno più paura, fanno più male. e queste creature parlano tutte una loro lingua che è sempre l’italiano e alcune non parlano ma la pensano, questa lingua. e poi usano le cose di tutti i giorni anche se sono in un posto che non è mai, tipo l’auto, il frigorifero, il cellulare, le mitragliatrici e i poteri magici.
e c’è questo personaggio, ad esempio, che si chiama kobus ed è uno di quelli buoni. quelli che non ti aspetteresti essere buoni e poi però c’è molto più da fidarsi che dei gatti. e lui, kobus, deve ancora nascere e sta fermo lì in un barattolo aspettando che una qualche maledizione su di lui venga sciolta. e non appena potrà nascere lui nascerà unicorno. anche se non si capisce bene cosa potrebbe essere lì in quel liquido magico kobus è sicuramente un animale che viene fuori da quello che sappiamo e quello che possiamo immaginare. perchè non potrebbe essere diversamente. perchè gli unicorni esistono e aspettano di nascere. e aspettano in un barattolo, al museo di storia naturale a londra.

1 marzo 2010

ti amo this harmony.


due o tre volte nella vita mi è capitato di sentirmi veramente felice per qualcosa in cui io c’entravo poco o niente. una di queste volte si chiama this harmony.
this harmony è un progetto musicale che mi passa davanti da ormai diversi anni e al quale ho avuto modo di partecipare in maniera collaterale, per quello che so fare io, un pò per caso un pò per culo. che più o meno è la stessa cosa.
e il perchè di tutta questa felicità non sta tanto nel fatto che posso più o meno aver collaborato ad un progetto del genere e quindi sentirmi parte di qualcosa (punto comunque determinante, lavorare sempre da solo e su me stesso stanca). direi invece che tutto deriva dal fatto che this harmony racchiude in sé tutto quello che poi effettivamente esprime. intendo dire che io tutte quelle cose belle che vengono fuori sul palco (o dallo stereo per i meno fortunati) le ho vissute veramente. io il terzo frammento del notturno credo davvero di sapere che vuol dire. cioè lo so da dove è venuto fuori, da cosa è nato. ma soprattutto io il terzo frammento del notturno l’ho vissuto. non sto dicendo che sono l’unico, e nemmeno me ne frega niente. in fondo la mia felicità non dipende da quanti utilizzano lo stesso modo per trovarla. non è tanto per suonare, tanto per comporre, tanto per ascoltare. parlo di un gruppo di persone che, piano piano, è riuscito ad armonizzare sé stesso, a dare una forma vera e coerente a molto di quello che conta. e io a londra sono stato così bene perchè ho sentito quella musica tutte le sere, ho trascorso con quelle persone tutti i giorni e non ho capito la differenza.
il mio compito doveva essere quello di fare un pò l’artista. cioè stare lì ed essere ispirato e fare foto che poi restituissero tutto. bella vita. io le foto non le ho viste ancora che non mi voglio intossicare con questo computer. per una prova piccola tipo quella sopra ci vuole un quarto d’ora. so che sono belle. ma come al solito so pure che non basta.
e questo fatto che non basta è stato al centro di molti discorsi degli ultimi giorni. dico non basta in senso lato. questa voglia di andare un pò oltre, ma poi nemmeno tanto poco. perchè lo sappiamo quanto possiamo andare oltre. e trovare qualcosa di nuovo e più bello. e come mi è stato detto il giorno prima di partire: ormai non può più andare male, che non si può tornare indietro.
this harmony è un progetto in divenire. che poi è anche il miglior augurio che mi sento di fargli.

27 febbraio 2010

qui a volersi perdere si fa presto.

 

forse l’ho detto altre volte. ma a me i ritorni non mi piacciono mai. che pure se sto tornando in un posto dove in realtà mi ci sono trasferito da una settimana, quindi si può pure dire che ci sto andando, non tornando, mi sento sempre un pò di merda. non molto. un pò. ed entro in metropolitana e penso che visto che sono stato a londra cinque giorni a far foto, ho seguito una band che non è una band qualunque, sono stato da foto8, sono stato bene da mettersi a piangere, ho un blog, insomma viste tutte queste cose stavo pensando. poi però smetto che ci sono delle bionde sedute e io mi avvicino tanto per farmi ignorare meglio. e loro scendono alla fermata successiva e io mi siedo al posto loro. e riprendo a pensare. mentre cerco di capire quale può essere un buon modo di raccontare la bellezza nel costruire le cose e la bellezza nel veder fare tutto questo salgono altre due bionde che si siedono al sedile di fianco al mio dove trovano uno zaino lasciato lì e mi chiedono pure se è il mio e io mi sveglio dico no. allora la metro riparte e si capisce che è stato lasciato lì proprio da una delle bionde originarie. arriva una tipa che dice qualcosa, forse è il caso di lasciarlo alla prima stazione a qualcuno. che c’è dentro? c’è tutto. dal computer al portafogli. da astucci femmina al passaporto. io guardo tutta la scena e già mi chiedo com’è possibile che la gente perda i passaporti, ma soprattutto i computer... biondi... il tempo di un’altra fermata e arrivano consigli da tutta la carrozza su quale tessera è meglio per rintracciare più velocemente la proprietaria. un tipo si avvicina e dice cose con fare di chi ne capisce. un’altra prende l’iphone e inizia ad appuntarsi cose varie sulla vita privata di questa. le due bionde che hanno trovato lo zaino intanto chiamano un centralino per farsi dire qual’è il numero corrispondente all’indirizzo. lo trovano. inizio ad essere sconcertato per tanto senso civico. quasi quasi ho paura. alla terza fermata, un attimo prima che le ragazze contattassero la famiglia della sventurata entra al volo un tipo della metropolitana. con la divisa e tutto il resto. ha l’aria di avere fretta, deve fare presto per riuscire ad uscire senza intralciare il normale scorrere di un treno senza conducente. entra guardandosi intorno, fissa lo zaino, ci si dirige e dice è questo lo zaino che è stato smarrito? le ragazze lo guardano e dicono meno male che sei arrivato che stavamo chiamando. sì è questo. il tipo prende lo zaino ed esce veloce. e a quel punto tutta la gente si rilassa e ciò che era perso è stato ritrovato e le bionde riprendono la loro conversazione senza commenti. poi una di loro mi fissa e io mi rendo conto di avere una faccia tipo totem della guerra. quelli paurosi e impauriti. ero tipo pietrificato, allora poi mi sciolgo e penso che io c’ho provato a pensare a qualcosa nel frattempo. a concentrarmi su qualcosa di londra. ma proprio no. l’unica cosa che mi veniva in mente è che pure io volevo perdermi. così. tanto per stare al centro dell’attenzione.

17 gennaio 2010

quella notte a ostia.


londra. camden town. giovedì sera. computer sul davanzale fuori dalla finestra perchè dentro non c’è abbastanza segnale. finestra aperta giusto per il monitor. riscaldamento rotto. io e masiar tra due stufe elettriche che fanno luce rossa. ognuno sulla sua poltrona. ecce bombo.

per me, quel sole che noi abbiamo aspettato per tanto tempo quella notte a ostia… e che poi spuntava dalla parte opposta, per me è stato… un segno, un invito a capire. secondo me, in questo periodo noi stiamo sbagliando pressoché… più o meno tutto. siamo un po’ scocciati, un po’ delusi, un po’ stanchi. abbiamo smesso di fare politica attiva. siamo contenti, perché ci siamo liberati di questo peso… cerchiamo di divertirci. io sono un po’ stufo, anche perché non mi diverto. dobbiamo riuscire, qui, a fare qualcosa. non come ora, che nessuno si fa gli affari suoi ma non cambia nulla degli altri.
penso che sbagliamo quasi tutto: nei rapporti con le donne, tra noi, con lo studio, in famiglia, nel lavoro... io vorrei che noi parlassimo… veramente. per cercare di cambiarci, di essere diversi nei comportamenti, dai nostri nonni. per essere, ma veramente, nelle cose di tutti i giorni… rivoluzionari.
come discorso inaugurale penso che basti e avanzi.

ecce bombo - nanni moretti - 1978