21 aprile 2013

Sette motivi a caso per fare la rivoluzione.




La fuga dei cervelli Espressione direi superata, nei fatti e nei tempi, visto che dal nostro paese i cervelli pare se ne siano ormai già andati tutti. L’emigrazione resta comunque un problema, considerando che stiamo assistendo anche alla fuga dei muscoli, del colon e di buona parte del sistema cardiocircolatorio. I fegati se ne sarebbero andati per primi in verità, ma ce li siamo rosi così tanto che hanno detto vabbè, dove cazzo andiamo così combinati. Insomma se continua così chi rimane sono solo i coglioni.
Portando avanti una rivoluzione non solo si potrebbe puntare ad un’ascesa di autostima, di coinvolgimento, di definizione identitaria per cui giovani e meno giovani desidererebbero fortemente (e non solo accetterebbero) di vivere questo paese, ma si potrebbe comunque chiudere i confini, che non si sa mai, visto la rivoluzione va protetta e chi la abbandona è nemico. Adesso emigra se ci riesci, stronzo.


Il rinnovamento della classe dirigente Su questo punto non credo ci sia molto da discutere. La classe dirigente di questo paese ha sempre avuto il cattivo vizio di sopravvivere a tutto, anche ai rinnovamenti. Che poi in realtà più che rinnovamenti si è trattato di aggiustatine certificate. Classe dirigente refurbished! È sempre quella di qualche tempo fa, usata, esposta, toccata da tutti, un po' sporca, ma può essere tua come se non fosse mai successo nulla. La classe dirigente migliore di sempre, oggi ancora più sottile. Si assottigliano ma non possono morire. E non è colpa dei conservatori, è colpa dei conservanti. Un istituto inglese sta studiando il metabolismo dei maggiori esponenti di parlamento, sindacati, mondo industriale e finanziario, e pure di diversi intellettuali del nostro paese, per pubblicare una ricerca sulla colonnina di destra di Repubblica.it in cui si afferma che bisogna mangiare prevalentemente frutta e verdura e bere almeno due litri di acqua al giorno.


Il ruolo in Europa Diciamoci la verità, una delle prime esigenze che porterebbe il popolo italiano a ribellarsi, almeno dall’Illuminismo ad oggi, è la voglia di andare a Parigi dopo i mondiali e urlare “Campioni del mondo! Campioni del mondo!” senza sentirsi in difficoltà perché poi loro hanno fatto la rivoluzione e noi no.


La corruzione e la ridistribuzione della ricchezza La rivoluzione garantirebbe certamente l’annullamento di opere pubbliche, bandi, finanziamenti nati dalla responsabilità civile di mangiarci un po' sù, a vari livelli ma non troppi, tipo un primo e un secondo e basta. Perché ormai sono finiti i tempi in cui ci si mangiava tutti, i tempi del buffet, in cui la corruzione poteva essere tollerata socialmente ed economicamente, e col passare del tempo si è arrivati a riconoscerla solo e soltanto un problema enorme, un cancro terribile e sempre più evidente, che prosciuga la maggior parte delle risorse più genuine che abbiamo. Ecco, la rivoluzione - con le sue intrinseche capacità di valorizzare ed esaltare le eccellenze di un popolo - riuscirebbe a cancellare la corruzione come problema, portandola a livelli di efficienza e produttività che la democrazia stenterà sempre a raggiungere. Tartine per tutti.


La crisi culturale Dopo essersi resi conto, durante i primi moti, che andare in piazza a twittare in maiuscolo non è abbastanza rivoluzionario, verrebbero creati e promossi hashtag come #pensaminuscolo e #marciasuroma che costituirebbero, oltre alcune delle parole d’ordine di questa matura riappropriazione del proprio futuro, anche i primi tra gli hashtag di rivoluzione, gli unici ad essere autorizzati da un’apposita commissione culturale dopo il sovvertimento dello status quo.
La RAI verrebbe privatizzata giusto un attimo prima di nazionalizzare tutte le maggiori aziende private. La tv in generale diventerebbe solo cinema, niente più programmi di varietà, niente Pippo Baudo e Milli Carlucci, ma anche niente informazione. Nessuno parlerebbe più ai giornalisti, nè questi avrebbero bisogno di esistere, non essendoci più alcun tipo di casta da attaccare o da costituire.
E poi verrebbero oscurati tutti i blog, finalmente, che sarebbe pure ora.


Il precariato, la famiglia e i genitali maschili Anche se nel post-rivolta, per ovvie ragioni, il pilastro della società non dovesse essere più così esplicitamente la famiglia, la situazione di quest’ultima sarebbe senza dubbio migliore di quella attuale, e ci vuol poco. La precarietà sarà solo un ricordo e chiunque a ventanni potrà ipotecare il resto della propria vita lavorando sempre e per sempre. Così, tra i diversi vantaggi che tutto ciò comporta, non ci sarà più il problema di giovani coppie che non possono concentrare le proprie ansie su di un figlio perché ce le hanno tutte occupate sulla mancanza di una sicurezza economica. 
Inoltre credo vada assolutamente sottolineato l’enorme beneficio che avranno i giovani italiani maschi, quasi trentenni e fidanzati, e il loro sistema riproduttivo. Visto che sarà possibile concepire una famiglia serenamente, senza arrivare ad età limite, non ci sarà più l’angoscia dell’orologio biologico della propria ragazza. Questo implicherà due enormi vantaggi non solo per i ragazzi, ma nello specifico anche per i loro genitali: l’essere usati efficacemente al momento opportuno, diciamo intorno ai venticinque anni, e soprattutto il non essere frantumati da continue discussioni e paturnie di coppia appena si superano i trenta.


I libri di storia La cosa migliore è che se davvero facessimo una rivoluzione seria, potremmo finalmente scrivere la Storia. Una possibilità che, da come mi è stato insegnato, è prerogativa dei vincitori (fino a questo momento ancora non è stato chiaro chi sta vincendo cosa, ma di sicuro noi no).
E racconteremmo i nostri ricordi di quegli anni e di quei giorni, i nostri disagi nel fare una rivolta, la nostra assoluta incapacità nell’immaginarla e il vuoto da cui non si è capito come sia potuto nascere tutto.
Ma mica la racconteremmo così, a voce. Sarebbe una cosa grandissima proprio perchè avremmo la possibilità di scriverla personalmente in un libro, di trasformare in testimonianze ciò che fino a quel momento erano stati solo ricordi. Dico proprio scrivere la Storia importante, quella che si impara a scuola, quella su cui verranno interrogati tutti i ragazzini nel 2068, e sulla quale si tenteranno revisionismi appena è possibile (in effetti è buffo che proprio la Storia sia la cosa con cui, in ogni ambito, si sono sempre avuti i maggiori problemi di memoria).
Così immagino che te ne torni a casa, dopo tanti giorni in piazza a urlare manifesti, e la rivoluzione è fatta. Sul tavolo della cucina trovi una busta indirizzata a te. Dice che è arrivata ieri, a tutti, subito dopo la caduta del potere. Dentro c’è un quaderno completamente vuoto, spedito dal Comitato Rivoluzionario Centrale. E c’è anche un biglietto, che dice “Se la memoria non ci ha aiutato ad imparare la Storia, facciamo sì che almeno ci aiuti ad insegnarla”.

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