michael è un tipo americano di trentunanni che parla l’americano verace e che vive con la moglie di ventisette, il figlio di uno e mezzo che si chiama michael pure lui e un ragazzo italiano di ventisei che poi sarebbe il sottoscritto.
il ragazzo italiano in questione pare sia molto bravo a mettersi in situazioni vagamente cinematografiche e, dopo l’esperienza di harlem, si trova adesso in una zona fichissima, in una casa grande, piuttosto vecchia e scassata.
non riesco a capire perchè sia così com’è. inconcepibilmente piena di roba, anche molto bella e costosa, - ad esempio un tavolo da biliardo, un televisore da cinquanta pollici (ma veramente cinquanta) con una quintalata di canali via cavo - e, al tempo stesso, come se a furia di stare davanti alla pubblicità nessuno se ne fosse accorti, c’è uno sgabuzzino che ci piove dentro.
in ogni caso vivo con gente tranquilla, ospitale e molto amichevole. ognuno si fa i fatti propri e poi ogni tanto, a vicenda, ci facciamo i fatti reciproci. ed è sempre molto bello.
la sceneggiatura vuole che l’umanità con cui adesso convivo sia, ancora una volta, piuttosto singolare. michael è stato un giocatore professionista di pool, poi ha lasciato e adesso fa qualcosa tipo rappresentante commerciale. impazzisce per il football e quando è a casa gira con pantaloncini corti acetati, utilizza una specie di contenitore dove infilare le lattine di birra per portarsele tra cucina e camera (una specie di cilindro di gomma con frasi tipo “io sono più intelligente di te”), tiene appesa la bandiera sudista sul letto, ha un piccolo acquario con un pesce rosso di ventidue anni che ormai è grande come una trota ed è quasi completamente bianco e poi nel cassetto della mia scrivania ho trovato un proiettile. è quasi d’antiquariato, diciamo una cosa da nonni. ma siamo pur sempre nei meravigliosi stati uniti.
oh, e poi è una specie di nerd dell’impero romano e pretende che io gli parli in romanesco, convinto che derivi dalla lingua parlata al tempo.
- il latino?
- sì, il romano non assomiglia al latino?
- beh, non saprei. cioè sì, però un pò come tutto l’italiano.
- uh. che intendi?
- che intendo. adesso non ti vorrei dire una fesseria. però tu ce l’hai presente il colosseo?
- certo il colosseo. ci voglio andare a bere una birra di fronte al colosseo e passeggiare lì davanti e respirare tutta questo passato e il fatto che sono al centro di quello che è stato il più grande impero che la storia abbia mai conosciuto!
- bene. quello. lì dentro una volta secondo me ci parlavano latino. a grandi linee.
- latino.
- perfetto. hai presente lo stadio olimipico?
- sport?
- sì sport. correre dietro ad una palla. calcio. partita. televisione. birra.
- come no. lo stadio olimpico.
- ok, vedi quello è un luogo diverso anche se molto simile. quelli che prima andavano al colosseo oggi vanno all’olimpico. ci siamo?
- certo. sport.
- quelli che prima rappresentavano il cuore di roma, il popolo custode della lingua e della cultura della città adesso sono rappresentati proprio da quelli che vannavvedéaroma. insomma se vuoi trovare chi ti parla romano puro, quello vero, er mejo der mejo, vai allo stadio. però da come la vedo io difficilmente quel linguaggio ti potrà ricordare catullo o seneca.
- ma chemme stai a ddì? machè davero?
- eh, davero sì michael. cioè ogni tanto viene fuori al derby, su qualche striscione… voglio dire, magari nemmeno solo al derby. però da qui a dire che in curva parlano naturalmente latino mi pare un pò eccessivo.
- me fido.
- comunque vacci all’olimpico che ti diverti sicuro.
- da paura?
- da paura.
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