insomma l’altro giorno ero in un pulmino che stavo seguendo questa band nell’ultima parte del loro tour americano. subito piccola parentesi: è una cosa fichissima… voglio dire, per rimorchiare c’è solo una cosa migliore di essere fotografo di una band in tour per l’america. essere uno della band. quindi ero molto felice perchè mi illudevo di trovarmi quasi in cima alla catena riproduttiva, mi stavo girando un pezzo di america in un pulmino pieno di vegetariani vestiti come sui poster e, culo permettendo, non solo non spendevo niente, ma magari ci guadagnavo pure qualcosa.
ad un certo punto mi rendo conto di queste cose tutte insieme con il punto di vista padreterno. e poi non so come, proprio allora, all’interno del momento definitivo*, parte un paradosso spazio-temporale con la nascita di un momento meta-definitivo nel quale ho realizzato che l’anno prossimo faccio ventisette anni.
al di là del pericolo di collasso dell’intero universo per la creazione di due momenti definitivi uno dentro l’altro, la cosa ha suscitato in me quello che è anche conosciuto come “sbasso”.
- che c’è robè?
- niente.
- che c’hai?
- ventisei anni e mezzo.
- ah. si può fare qualcosa?
- ci sto pensando. il problema è che non posso fare ventisette anni l’anno prossimo. non sono pronto.
- ma che vuol dire?
- vuol dire che ventisette anni significa automaticamente trenta e trent’anni lo sai che vuol dire?
- la seconda volta quindici?
- si vede che scrivi canzoni.
- grazie.
- prego. comunque vuol dire che a trentanni o c’hai una vita, anche da avviare magari, oppure ti rimane solo la possibilità di diventare un banalissimo clichè di uomo cresciuto con la sindrome di peter pan che in effetti continua a comportarsi come c’avesse ventanni con l’unica differenza che adesso è patetico. e non posso nemmeno essere uno di quelli brizzolati! quelli almeno so brizzolati… uno dice vabbè faccio trentanni almeno guadagno di fascino. e invece no! devo trovare una soluzione a questa cosa del compleanno. dici che mi devo fare una vita da qui a tre anni?
- non credo robè. piuttosto, sei contento delle foto?
- certo. e non ti direi mai il contrario visto che devi convincere qualcuno a darmi dei soldi per questo.
- perchè stavo pensando che se ti va puoi anche salire sul palco quando suoniamo.
- ma in effetti già ci salgo.
- ah sì?
- sì.
- ah. ma io dico se vuoi venire pure in mezzo, tanto non ci da fastidio, anzi è meglio che così si vede che c’abbiamo il fotografo ufficiale e facciamo bella figura.
- non credo che abbiate bisogno di pavoneggiarvi in questo senso.
- perchè?
- perchè a marzo andate in tour in australia e giappone. mi sembra che un minimo di popolarità già ci sia.
- vabbè, sappi che a noi non dà fastidio.
- ma no poi rovino tutto lo spettacolo…
- ma tranquillo!
- mmm… vabbè dai, stasera salgo, ma solo un minuto.
- oh, bene!
e intanto penso che forse se sono bravo non se ne accorge nessuno.
* dicesi momento definitivo quel particolare momento in cui una persona sospende la propria vita, la propria coscienza, il proprio continuare ad esistere secondo per secondo, ottenendo la definizione di quello che è.
anche quando ci sembra che non stiamo facendo niente in realtà stiamo almeno angosciandoci per il fatto che non stiamo facendo niente, soprattutto se ci siamo laureati da poco. oppure, al contrario, ci godiamo il fatto che possiamo prendercela comoda a non fare niente e ci rilassiamo, soprattutto se ci siamo laureati da poco. comunque vada diamo da bere ai nostri ricettori di serotonina e portiamo a casa la giornata senza smettere di esistere.
ma durante il momento definitivo pare proprio che anche la nostra serotonina smetta per quell’attimo di agitarsi, e l’unica cosa che facciamo è guardare il mondo come lo guarda il padreterno. che non è esattamente pensare, quindi non è esattamente essere. perchè se è noto che “penso quindi esisto” è pure vero che “faccio il padreterno e c’è gente che ci crede”.
io quando c’ho un momento definitivo generalmente sto viaggiando. o comunque mi sto spostando. non necessariamente verso qualche destinazione precisa, basta che mi muovo. tipo quella volta che ero sul peschereccio e mi ero arrampicato su una cosa alta alta per fare delle foto e poi mi ci ero seduto e avevo smesso di fare le foto e mi ero messo a guardare e basta. e anche ad ondeggiare in effetti. e quello è stato un momento definitivo. io che vedevo me stesso e la mia vita da fuori e vedevo questo ragazzo nato in una città di parcheggi che oggi, non si è capito bene perchè, si trova in mezzo al canale di sicilia, c’è il sole e ha la sensazione che dovrebbe essere a scuola come tutti i suoi compagni.
4 commenti :
compà...quanto sei bello su you tube...è una prova della tua recente esistenza...
l'apparizione di quella t-shirt verde militare seguita da macchina fotografica e gobbetta è stata fenomenale.
Emozione pura fatta ordito e parti metalliche.
confesso che mi sono dovuto andare a cercare ordito. e comunque ribatto protocloruro di mercurio!
Sapevo io!
E' come su Sailor Moon: il nemico contrattacca con armi non convenzionali e lei, per salvarsi il proprio culo, e quindi il mondo, deve attendere il soccorso di Marzio alias Milord; visto che il potere del cristallo di luna, diciamocelo, non serve a un piffero!!
Ok... Attenderò.
Marzioooooooooooo!!?
Attendo.
Non ho fretta.
Hai ordito un ottimo piano di contrattacco. Mannaggiaattè.
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