ciao roberto,
in questa ridente mattinata primaverile pre-pasqua io sto a roma. da sola, perchè ho una faccia che non ho voglia di portare in giro, tantomeno di presentarla ai miei e a mia nonna di 95 anni che vorrei che quando mi vede pensasse: che fiore di nipote e non oddio cosa le hanno fatto. ho una faccia decisamente storta. le cose non vanno, come si dice. che poi non ho mai capito dove dovrebbero andare. dovrei essere felice e contenta, sto facendo un corporate che darà da mangiare per 4 mesi, ho vinto il worldpress una volta e ho fatto anche il masterclass joop swart. posso finalmente rispondere alla domanda fatidica: cosa fai nella vita? e dire: la fotografa, e tutti fanno: oooooh. come dice una persona a me molto vicina, dovrei camminare sulle teste degli altri. ma io lo vedo un pò complicato, anche perchè stamattina già non mi reggo bene neanche su un pavimento di finto marmo anni 60.
ma soprattutto, perchè diavolo ti sto scrivendo tutto questo? ecco, lo so. stamattina l'ho passata a leggere il tuo blog e mi sono molto divertita. sono una maniaca lettrice e mi piace molto come scrivi e cosa scrivi.
e mentre aspetto che la mia faccia si riallinei secondo una simmetria divina, continuo a leggere ancora un pò.
pasqualmente,
esther (nome che non è quello vero, come si dice? pseudonimo. ndr.)
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ciao esther (sempre non esther. ndr.),
io stamattina sono a benevento, dove sono nato e cresciuto, e dove torno ogni tanto a ricordarmi perchè non ci vivo più. mi sono svegliato tardi con la stessa faccia di tutte le mattine quando sei andato a letto alle quattro. i nonni li ho finiti tutti. con l’ultimo, prima che morisse, ho un pò barato, ma a fin di bene: gli ho detto che mi avevano preso a fare il ferroviere. lo vedevo, siciliano di due generazioni fa, che non riusciva a realizzare davvero suo nipote disoccupato; perchè se non lavori come ferroviere, impiegato o carabiniere sei inequivocabilmente disoccupato. e quando gli ho detto che andavo a lavorare sui treni lui si è illuminato e poi pure io.
adesso quando uno mi chiede che lavoro faccio rispondo fotografo. ma lo intendo come verbo*, non come appellativo, nel senso faccio foto. che fai? beh, (io) fotografo... che a dirla tutta non so se è davvero un lavoro. intendo quando tu fai qualcosa che sì, ti piace, che ritieni sia bello, qualcosa in cui davvero credi. quando porti avanti qualcosa che ti muove dentro e con la quale cerchi di muovere quelli intorno a te, qualcosa per la quale ti sacrifichi, ma per la quale quello che ti torna non è quasi mai davvero concreto. e prosegui nell’eterna speranza di arrivare ad una certa pace e soddisfazione finale. non credo sia lavoro. a pensarci bene dev’essere religione.
non sai che piacere mi fa immaginare qualcuno che, di sabato mattina, da solo, a roma, va leggendosi le mie stupidaggini. qualcuno che si è svegliato storto con la primavera che arriva e le cose che sembrano non andare bene. è un’immaginazione molto suggestiva e mi fa sorridere.
non so se dovresti essere contenta, personalmente non ti conosco molto (ecco, non ti conosco per niente), ma magari potresti. nel senso che hai diverse ragioni per esserlo. io non so nemmeno cos’è un corporate. se ne ho fatto qualcuno in passato non me ne sono accorto.
spero che quello di cui non sei così soddisfatta possa andare meglio. in fondo la primavera che arriva io l’ho sempre vista un pò come il pomeriggio. non necessariamente sabato pomeriggio, ma forse preferibilmente. come atmosfera dico. e nei pomeriggi, di solito, le cose si aggiustano.
non so se fumi, ma nel caso accenditi una sigaretta mentre leggi, per piacere, che aumenti la suggestione e mi fai contento.
un abbraccio,
roberto
* vedi anche "fotografo è un verbo".
4 commenti :
No però metti anche le altre due, se no non si capisce il mio mal di testa da post-sbronza, nè le innumerevoli sigarette fumate, nè franco. :)
Esther.
adesso si capisce... :)
le metto qui, come appendice.
Caro Roberto,
un corporate è una di quelle cose che ti fanno sentire molto professional, come tutte le cose che finiscono in "ate" e in "al", o iniziano per b come il brunch e il brief. Una di quelle cose per cui fai delle foto che speri che nessuno veda MAI.
Però che servono a pagare le bollette e a ripartire al più presto.
Che dire, fotografo, usiamolo come verbo. O almeno sto cercando di capire come si fa. Ovviamente non sono mai veramente soddisfatta, (sia mai...) ma è la prima cosa in vita mia che faccio "con le mie mani" che mi sembri importante, bella. Forse hai ragione tu, non è del tutto un lavoro, ma io sono atea, quindi preferisco chiamarlo viaggio. o necessità. o franco. Però a me piace chiamarlo anche semplicemente lavoro perchè dà l'idea dell'impegno che ci si mette e di un certo rispetto per quello che si fa.
Intanto il pomeriggio è sopraggiunto, non si è aggiustato niente a parte il mio mal di testa da dopo sbronza. Sono arrivata a ritroso a giugno dell'anno scorso del tuo blog e mi sono accorta che avevo fame.
So che ti farò contento a dirti che fumo. Mi sono addirittura aperta una birra, ma se preferisci puoi immaginare che ho bevuto un bourbon in uno di quei bicchieri di vetro spesso contro cui il ghiaccio tintinna e fa molto telefilm americano.
Ti faccio pubblicare lo scambio di mail solo se posso chiamarmi Esther. O Rossella. O Mercedes.
ciao
Esther
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sono ateo pure io.
franco è sicuramente la soluzione migliore.
molto meglio la birra al bourbon... molto meglio il fsss al tin tin... anche perchè vedo pochi telefilm...
a presto esther, e grazie ancora!
:)
Grande Esther !
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