la sera capita spesso che mi faccio delle chiacchierate su massimi e minimi sistemi. una volta dicono che non ci fosse la televisione. oggi come oggi sì, ma io ho deciso che non mi cambia niente e faccio le chiacchierate come se non ci fosse.
io e sonia abbiamo finito presto di parlare di futuro, anche perchè, visto chi sono io e visto chi è lei, gli argomenti su quello che succederà si esauriscono presto per conflitto di interessi. o almeno non ci viene di approfondirli. e allora ci spostiamo sul passato che tanto quel che fatto è fatto, non esiste conflitto di interessi retroattivo. o comunque non ho voglia di ragionarci. diciamo che non esiste.
stasera è venuta fuori la più grande mazziata che ho ricevuto da bambino. un ricordo così, random. insomma quando avevo un’età inferiore a qualche altra, nel periodo in cui mi si poteva chiamare bambino, trascorrevo tutte le mie estati nella ridente località di pontelandolfo. contrada sorgenza. la mia famiglia ha una casa lì, costruita credo negli anni sessanta, forse settanta. è una casa di cemento, ma è molto grande. e pure il giardino è grande, e quando ero piccolo era ancora più grande, gigantesco, però poi finiva. e quando finiva, dall’altra parte della strada ci abitava daniele con la sua famiglia. daniele era un bambino della mia età e la sua era una famiglia di contadini, gente semplice come si dice. vivevano in una casa fatta di pietra e sputo che dentro, ora che ci ripenso, era proprio anni sessanta o settanta. che un giorno suo nonno dev’essere uscito di casa all’alba per badare agli animali e dall’altra parte della strada mio nonno stava costruendo una casa di cemento e suo nonno deve aver pensato se questo è il futuro io mi fermo qui, negli anni settanta. non ne sono sicuro, ma se ripenso a casa loro dentro mi vengono in mente stanze buie e carta da parati inutile. e un televisore vecchissimo e dei grandi pois da qualche parte. e una puzza che con gli anni ho imparato a chiamare puzza di umido.
insomma io tutte le estati le passavo con daniele. ecco, adesso uno si dovrebbe immaginare due bambini in campagna per tutta l’estate del millenovecentonovanta. il limite era il cielo. credo di non ricordarmi nessun’altra amicizia infantile vissuta così intensamente, nel senso di tutta così concentrata. io e daniele facevamo di tutto. ci amavamo e ci picchiavamo, correvamo in bici e facevamo le dighe nei fossi, io lo buttavo nello stagno e lui incazzato a morte mi riempiva di brutte parole mai sentite prima. spesso andavamo nel suo pollaio e ci divertivamo a rincorrere le galline, cercando di prenderle per la coda. lui si divertiva un sacco, io il doppio che venivo dalla città. e un pomeriggio vado a casa sua e non c’era. in realtà non c’era proprio nessuno. e non sapendo che fare, rimasto solo, decido di giocare con le galline in maniera autonoma. apro la porta del pollaio, mi butto dentro e ne esco qualche minuto dopo sorridente e affaticato.
la sera arriva il padre di daniele a casa, chiedendo ai miei se sapessero qualcosa del suo pollaio aperto. non ho nemmeno fatto in tempo a capire come mai uno che trova il pollaio aperto e le galline scappate va subito dai vicini a chiedere spiegazioni. senza nemmeno rendermene conto sono stato protagonista di uno dei più micidiali cocktail di mazzate da parte dei miei genitori, che come tutti i genitori, quando gli fai fare una figura di merda pubblica, si incazzano col bonus.
ti fanno un processo sommario del tipo sei stato tu? e non aspettano nemmeno che rispondi no perchè tanto c’hai gli occhi che dicono galline. la mia difesa è stata che lo facevamo sempre e nessuno si era mai arrabbiato quindi credevo non fosse male. ma la giustizia se ne frega se non sai distinguere il bene dal male. chi ignora la legge è comunque passibile di mazzate. e di domiciliari per i giorni successivi.
ma subito dopo la detenzione c’è daniele che ti aspetta fuori, tipo blues brothers, per continuare a scavare buche, fare guerre, catturare animali e sbucciarsi le ginocchia senza nemmeno aspettare che la libertà vigilata fosse finita. ah, la libertà di non sapere niente. di tutte le sere che ci si ritirava con lo sporco fino a dove non iniziavano i pantaloncini. del mercuro cromo sui gomiti. di andare in giro a torso nudo, daniele per imitare i contadini grandi, io perchè lo faceva lui. la libertà di non avere idea. di vivere come nei peanuts.
mi ricordo che le giornate finivano sempre troppo presto come pure l’estate. però per qualche anno siamo riusciti a dimenticarci per un inverno e ricominciare a giugno da dove avevamo interrotto. senza problemi. finchè daniele non si è trasferito con la sua famiglia da qualche parte lontano. magari a una decina di chilometri. ma comunque troppo lontano per i primi anni novanta.
3 commenti :
....questa mi mancava....
voglio torna bambino
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