la fotografia non ha molto a che fare con il cervello. è una questione di stomaco. non date troppe spiegazioni, ponete domande e lasciate all’osservatore le risposte. io non voglio le risposte, voglio usare la mia fantasia per arrivarci. siate primitivi quando fotografate. pensate ai vostri bisogni primari.
quanto avrei voluto dirgli che io dei miei bisogni c’ho fatto una filosofia.
anders petersen è svedese, un nome un brivido, una leggenda della fotografia internazionale che ha iniziato a materializzarsi ieri mattina nell’aula 806, dipartimento di fotografia, danish school of journalism, poco dopo che il sottoscritto si fosse chiesto chi cazzo fosse mai quel nome sul programma.
c’ha la fama di essere un tipo strano, diretto, con richieste un pò assurde. appena arrivato chiede a noi che cosa mai ci facesse lui lì, nel senso se sapevamo qualcosa del workshop, cosa avremmo dovuto fare. qualcuno risponde che nessuno ci ha detto niente e lui dice shit. e dopo che ha detto shit inizia a raccogliere le idee e parte questa settimana con lui. e questo percorso che sto facendo mi sconvolge sempre di più perchè è una montagna russa che dopo anni passati a credere di fare bene, a crescere, ad accumulare tecnica e sentimento arriva il momento di togliere tutto. alleggerire tutto. essenziali. lui pare ci tenga a lavorare sul linguaggio. voi non avete bisogno di una storia, avete bisogno di voi stessi. partire da dentro e mostrare voi nelle foto sennò non valete niente. e io penso ancora una volta a calvino che lo volevo conoscere, che è morto a siena dopo essere nato a cuba. ma uno come calvino che è nato a cuba e ha insegnato in america, che andava a parigi ed era amico di che guevara, per morire a siena vuol dire proprio che lo ha fatto apposta per essere incontrato. che ci voleva ad andare a siena in ospedale a trovarlo? almeno ai funerali... forse ci voleva più di un anno di età. scusa calvino, perdonami, ma non ce l’ho fatta...
e oggi anders petersen ci congeda dicendo che dobbiamo trovare qualcosa di noi che faccia da trampolino per iniziare a scattare. scattare intimamente. un esempio possono essere le nostre paure. cosa vi fa paura? ecco per domani portatemi delle foto di ciò che vi spaventa. io penso che sono le quattro di pomeriggio, che la danimarca chiude alle sei e che la mia paura in quel momento è non riuscire a fare nulla per il giorno dopo. magari dovrei fargli una foto a lui ma non mi pare il caso. allora, appurato con gli altri che fare foto ai serpenti, agli squali e ai ragni è quanto mai fuori luogo per questo tipo di workshop, ci ingegniamo a trovare una soluzione. poi mi ricordo che io c’ho paura delle malattie e allora vado all’ospedale. e già che ci sono vedo pure dove sta, tanto per stare tranquillo.
naturalmente all’ospedale mi dicono che non si può fare. non posso arrivare alle cinque di sera e voler fare foto alla gente malata. e io gli spiego che sono uno studente e ci vogliono mettere alla prova per vedere se riusciamo a portare a casa le foto in tempo, che in fondo mi servono solo per la scuola. e il tipo si intenerisce, fa la faccia collaborativa e mi dice ancora no. allora io faccio la faccia di uno nei guai e inizio a trattare e le trattative finiscono con io che posso fare le foto all’emergency room ma senza assolutamente fotografare i pazienti. in fondo sono contento. magari nel casino qualcosa di buono sempre la faccio e nessuno avrà modo di starmi dietro.
l’emergency room del principale ospedale di aarhus (300mila persone più tutti i paesini vicini) per le successive due ore è deserta e quieta come un asilo di notte. qui nessuno si fa male. a parte una signora che stava lì da un pò e un’altra con una cosa al polso. non dico una rissa, un omicidio, ma un cazzarola di incidente stradale!
insomma si fa tardi, io inizio a credere di avere tutte le malattie che ho potuto vedere ma molto più gravi (cioè dolore a entrambi i polsi), questi mi iniziano a guardare storto e sono costretto a ritirarmi con qualche ritratto di medici cattivi e paurosissimi (!?), un paio di dettagli di sale operatorie assolutamente inutilizzate (da anni in danimarca la gente si fa male su appuntamento), e qualche foto di interni.
in ogni caso ho barato. non me lo avrebbero sicuramente permesso, ma non conta: sarei dovuto andare al reparto malattie infettive. ddddhhhh...
3 commenti :
"dolore a entrambi i polsi". Lo so che lo sai che questa è stata la mia parte preferita del post..
Baci!
sì lo sapevo. e sapevo anche che tu l'avresti saputo che io lo sapevo.
nota colta e spocchiosa del redattore:
il riferimento a calvino vuole richiamare "lezioni americane". mentre scrivevo pensavo a quello, pensavo che lo dovevo dire in qualche modo e poi mi sono scordato.
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